domenica 19 agosto 2012

OSSERVAZIONI ALLE PROPOSTE DI LEGGE FORMULATE DA S.E.L. e NUOVO PARTITO D’AZIONE CIRCA L’ISTITUZIONE DEL REDDITO MINIMO GARANTITO
A cura di Carlo Rovello per Giustizia & Libertà Circolo “Cristoforo Astengo” Savona

A fronte di varie proposte circa nuove forme di sostegno del reddito che sono state, da più parti e con diverse soluzioni, formulate in Europa e anche in Italia, tentiamo modestamente e in estrema sintesi di fare il punto. Prendiamo le mosse dalle intenzioni di Sinistra Ecologia e Libertà e del Nuovo Partito d’Azione. (In allegato a questo documento).
Data come assodata la crisi, o quantomeno la grave difficoltà attraversata dai sistemi di welfare classico (su questo punto riteniamo esserci convergenza sia tra gli esperti che tra le forze politiche), in Europa sono stati ideati vari strumenti per uscirne fuori. Tali metodi assumono varie denominazioni,non trascurabili anche dal punto di vista dell’appeal che esse possono esercitare sui parlamenti e sulle confusioni che spesso ingenerano: reddito minimo garantito, reddito d’inserimento, allocazione universale, basic income, reddito di cittadinanza,ecc. Per dare una coordinata concettuale generale, aldilà del nome, bisogna sapere che il vero discrimine tra queste forme di sostegno al reddito è uno soltanto: la presenza o assenza della verifica dei mezzi, cioè delle dotazioni del beneficiario.
Da un punto di vista ideologico, noi del Circolo Astengo simpatizziamo per il reddito minimo universale, cioè una allocazione scollegata dalla verifica dei mezzi, legata alla cittadinanza, erogata su base nazionale, finanziata dall’erario e cumulabile con altri redditi.
Sicuramente comprendiamo, e noi stessi nutriamo, le obiezioni e i dubbi, anche morali che tal proposta può sollevare, ma riteniamo anche doveroso indagare strade che conducano a cambiamenti sostanziali della società.
Veniamo alle  proposte di legge.  Sel propone una misura strettamente assistenziale, erogata dall’Inps,  la cui fase amministrativa è gestita a livello provinciale dai centri per l’impiego. In primo luogo essa sarà pagata con i contributi dei lavoratori, da un ente come l’Inps già in crisi e la verifica dei mezzi, nonché la ricerca attiva di un lavoro e le valutazioni di congruità, saranno affidate ai centri per l’impiego, che notoriamente funzionano poco e male.
Non si dimentichi che la verifica dei mezzi, sebbene legata a valori morali di equità e giustizia sociale, in Italia è costosa,frammentaria e spesso vana, inoltre è invasiva e rischia di stigmatizzare e cronicizzare situazioni di difficoltà.
Le soglie di reddito, 8000 quella personale, ancora da definire quella del nucleo, rischiano di escludere, in certi casi, i lavoratori precari che non superino la retribuzione di 600 euro mensili. Inoltre il beneficio si perde non appena si superi la soglia degli 8000 euro annui (circa 700 euro al mese per chi non ha altri redditi). Da notare come la misura sia strettamente legata al bisogno e alle economie di scala e non abbia un programma di scelta futuribile, specie per i più giovani. Si consideri poi che mancare una sola chiamata del centro per l’impiego fa perdere il sussidio, anche alla luce dell’art. 7 comma 5, che lascia ai funzionari del centro per l’impiego un difficile giudizio di congruità con le mansioni precedenti o le competenze possedute e getta il precario nel dilemma di perdere il beneficio o accettare lavori poco consoni.
Per finanziare questo strumento, Sel indica risorse provenienti dalla fiscalità generale, senza rendere alcuna indicazione. Si tratta di un rimando incoerente, poiché l’inps prende i soldi essenzialmente dai datori di lavoro e non dal fisco. Semmai questo è in linea con l’idea perequativa di GL che batte la strada della patrimoniale ordinaria con aliquota moderata e l’abolizione di una serie di privilegi quali le regioni a Statuto Speciale,che prevede la revisione delle leggi di agevolazione fiscale, delle deduzioni e delle detrazioni,ecc.
Infine, non ci pare abbia senso, il peregrino art. 11 che delegherebbe all’esecutivo di fissare il salario minimo. In primo luogo perché il salario minimo non ha a che vedere con le riforme assistenziali, ma riguarda semmai le politiche del lavoro e l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione. In secondo luogo perché, un sussidio come quello che propone Sel, che si pone nell’ottica della flessibilità in entrata e uscita, mal si coordina con un salario minimo che le imprese vedrebbero, oggi, come un impedimento alle assunzioni anche in forma precaria. Poi sul punto il discorso è complesso, rimanda anche alla contrattazione collettiva e non può essere ulteriormente sviluppato.
Se osserviamo la formulazione, qui solo programmatica del Nuovo Partito d’Azione, verifichiamo poche differenze sostanziali. Si parla di 4 milioni di italiani: “I più bisognosi”, si incrocia impropriamente il dato del bisogno con quello di cittadinanza, come specchietto per le allodole dei sostenitori di una allocazione universale, ci si aggroviglia in una difficile estensione del reddito agli stranieri, che appare più esclusiva che inclusiva, specie da parte di un partito che dovrebbe sostenere lo ius soli; anche l’importo, 416 €, sembra più coerente con un reddito di natura universale. Infine la c.d. “microimpresa supermarginale” sembra più che altro un modo di far emergere lavori saltuari.
Prima di decidere se la riforma del welfare debba passare attraverso modelli di flexicurity (sicurezza sociale e flessibilità in stile scandinavo basate su una verifica totale o parziale dei mezzi) o allocazioni universali, dobbiamo semmai riflettere ancora sul fatto che il nostro paese possa o meno inseguire l’obiettivo dell’incremento occupazionale, o ancora e meglio, se tali strumenti possano generare occupazione.
In altre parole e ritornando alle premesse, bisogna capire se insistere ancora su un modello tradizionale di cittadinanza strettamente correlata al lavoro, oppure ammettere la crisi della società del lavoro e virare verso forme di integrazione reddituale di natura mista o addirittura completamente scollegate dalla verifica dei mezzi e dalla posizione lavorativa.
In termini realistici, tenuto conto del quadro generale italiano, se non è ancora chiaro quale strumento adottare (questo dovrebbe essere oggetto di dibattito profondo a Sinistra) sappiamo cosa si deve evitare:
se proponiamo metodi di allocazione universale dobbiamo evitare che sconfinino nello “stato minimo” alla Milton Friedman, cioè il reddito universale non deve mai essere sostitutivo degli ammortizzatori sociali e non deve essere il grimaldello per abbattere l’intervento statale nel mercato;
se proponiamo strumenti di flexicurity dobbiamo guardare prima alla sicurezza sociale e poi alle garanzie in uscita dal mondo del lavoro; vale a dire che prima dobbiamo generare la possibilità di scelta in ingresso e poi rendere non traumatica l’uscita dal lavoro e i periodi di transizione tra un rapporto ed il successivo;
qualsivoglia provvedimento sia adottato, esso non deve garantire solo chi è già garantito, come avviene oggi nel sistema italiano, ma deve garantire quelle migliaia di persone precarie (co.co.pro., associati in partecipazione, somministrati,tirocinanti, praticanti,ecc.) che non hanno accesso a forme di tutela o integrazione del reddito, inoltre, e soprattutto, gli inoccupati che non hanno mai avuto accesso al mondo del lavoro. Questo anche alla luce del fatto che la parasubordinazione  maschera frequentemente il lavoro dipendente e che i salari in ingresso nel mondo del lavoro hanno scarso potere d’acquisto e gli avanzamenti di carriera sono limitatissimi;
la riforma del welfare dev’essere unificante, non deve essere frammentaria e categoriale come è in effetti in Italia;
infine un nuovo welfare deve tenere conto di tutto quel merito che non è retribuito, in primis il lavoro domestico e di cura e tutte le attività socialmente meritevoli di tutela per il contributo collettivo non squisitamente economico che forniscono.
Solo una flessibilità intelligente può scongiurare il precariato e consentire quella mobilità sociale che può portare anche sviluppo.

Circolo Giustizia & Libertà
“Cristoforo Astengo”
 Savona
Charles Fourier precursore del reddito universale

 



Proposta di legge di Sinistra Ecologia e Libertà

Proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del Reddito Minimo Garantito
Art. 1.
(Istituzione del reddito minimo garantito)
1. Al fine di dare attuazione al diritto fondamentale sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e ai principi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 38 della Costituzione è istituito il reddito minimo garantito.
2. Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale  per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro.
3. Le prestazioni del reddito minimo garantito costituiscono livelli essenziali concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.
4. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge è emanato un regolamento d’attuazione ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Art. 2.
(Definizioni)
1. Ai fini di cui alla presente legge si intende per:
a) «reddito minimo garantito»: quell’insieme di forme reddituali dirette ed indirette che mirano ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa; le forme reddituali dirette consistono nell’erogazione di somme di denaro, quelle indirette nell’erogazione di beni e servizi in forma gratuita o agevolata da parte di Stato, Enti territoriali, enti pubblici e privati convenzionati;
b) «centri per l’impiego»: le strutture previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
c) «nucleo familiare»: l’insieme delle persone che dividono una medesima abitazione che, indipendentemente dalla composizione anagrafica, formano una relazione di coniugio o del tipo genitore-figlio;
d) «lavoratori autonomi»: i lavoratori che prestano attività lavorativa senza vincoli di subordinazione e che sono titolari di partita IVA;
e) «lavoratori a tempo parziale»: i lavoratori che prestano attività di lavoro subordinato con un orario di lavoro inferiore a quello normale individuato all’articolo  13,  comma  1,  della  legge  24 giugno 1997, n. 196, e successive  modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi.
Art. 3.
(Reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito, quanto alla forma reddituale diretta, consiste nella erogazione di un beneficio individuale in denaro pari a 7200 euro l’anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro ciascuno, rivalutate annualmente sulla base degli indici sul costo della vita elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
2. La persona ammessa a beneficiare del reddito minimo garantito riceve altresì un contributo parziale o integrale per fronteggiare le spese impreviste, secondo i criteri e le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
3. Le somme di cui al comma 1 sono ricalcolate secondo i coefficienti di cui all’allegato A, in ragione del numero dei componenti del nucleo familiare a carico del beneficiario.
4. L’erogazione in denaro del reddito minimo garantito, per ogni nucleo familiare, è pari alla somma di cui al comma 1, maggiorata secondo i coefficienti di cui all’allegato A. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di erogazione in presenza di minorenni o di più aventi diritto all’interno del nucleo familiare, assicurando il principio di pari trattamento tra i coniugi e tra tutti gli aventi diritto.
5. Le prestazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili dai soggetti beneficiari con altri trattamenti di sostegno al reddito di natura previdenziale, ivi compresi i trattamenti di cassa integrazione, nonché con gli altri trattamenti assistenziali erogati dallo Stato indicati dell’elenco di cui all’allegato B.
6. Le prestazioni previste dal comma 1 sono personali e non sono cedibili né trasmissibili a terzi.
7. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge, tenuto conto dei criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sono attribuite ai centri per l’impiego. La domanda di reddito minimo garantito va presentata al centro per l’impiego del luogo di residenza del richiedente. Il centro per l’impiego acquisisce la documentazione necessaria e provvede nel termine di dieci giorni. In caso di mancata risposta la domanda si intende accolta, fatta salva la facoltà di revoca del beneficio in caso di adozione tardiva del provvedimento di reiezione della domanda. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di presentazione, anche telematica, delle domande e stabilisce gli ulteriori compiti dei centri per l’impiego.
Art. 4.
(Soggetti beneficiari e requisiti)
1. Sono beneficiari del reddito minimo garantito coloro che, al momento della presentazione dell’istanza per l’accesso alle prestazioni di cui all’articolo 3, siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) residenza sul territorio nazionale da almeno ventiquattro mesi;
b) iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, salvo che si tratti di lavoratori autonomi, di lavoratori a tempo parziale, oppure di lavoratori che hanno subito la sospensione della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) reddito personale imponibile non superiore ad 8 mila euro nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza ;
d) reddito del nucleo familiare in cui il soggetto richiedente è inserito non superiore all’ammontare stabilito dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento opera un ragionevole bilanciamento tra il carattere individuale dell’attribuzione e criteri di equità e solidarietà sociale;
e) non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico;
f) non essere in possesso a livello individuale di un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore a quanto stabilito dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento assicura che nella determinazione della soglia patrimoniale oltre la quale si perde il diritto al reddito minimo garantito non si tenga conto della titolarità della casa di prima abitazione, né degli altri beni mobili e immobili necessari alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, come indicati dall’art. 5, comma 2.
Art. 5.
(Compiti delle regioni e degli enti locali)
1. In sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida per il riconoscimento e l’erogazione di prestazioni di reddito minimo garantito nelle forme dirette e indirette, ulteriori e aggiuntive rispetto a quanto previsto dall’art. 3.
2. Le linee di guida di cui al comma 1 stabiliscono le modalità con cui:
a) garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli enti e con i soggetti privati interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale e regionale su gomma, rotaia e metropolitane;
b) favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo;
c) contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi;
d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici;
e) erogare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sul reddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari di cui all’articolo 4, titolari di contratto di locazione;
f) garantire la gratuità delle prestazioni sanitarie;
g) erogare somme in denaro aggiuntive rispetto a quelle di cui all’articolo 3, tenuto conto delle particolari esigenze di protezione e sostegno nei differenti contesti territoriali.
3. Le regioni che intendono partecipare al raggiungimento degli obiettivi definiti nelle linee guida di cui al comma 1, di concerto con i comuni e gli enti locali, stabiliscono un piano d’azione annuale e un piano d’azione triennale, nel quale definiscono la platea dei beneficiari e il contenuto dei diritti da garantire che eccedono i livelli essenziali di cui all’articolo 3.
Art. 6
(Durata del beneficio e obblighi del beneficiario)
1. Il provvedimento di concessione del reddito minimo garantito ha una durata di dodici mesi. Alla scadenza del periodo indicato il beneficiario che intenda continuare a percepire il reddito minimo garantito è tenuto a ripresentare la domanda al centro per l’impiego competente con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il beneficiario è tenuto a comunicare tempestivamente al centro per l’impiego, con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4, ogni variazione della propria situazione reddituale, lavorativa, familiare o patrimoniale rilevante ai fini dell’erogazione del reddito minimo garantito.
Art. 7
(Sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni)
1. Nel caso in cui uno dei beneficiari di cui all’articolo 4, comma 1, all’atto della presentazione dell’istanza o nelle successive sue integrazioni, dichiari il falso in ordine anche ad uno solo dei requisiti previsti, l’erogazione delle prestazioni di cui all’articolo 3 è sospesa e il beneficiario medesimo è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito ed è escluso dalla possibilità di richiedere l’erogazione di tali prestazioni, pur ricorrendone i presupposti, per un periodo doppio di quello nel quale ne abbia indebitamente beneficiato.
2. Il beneficiario decade dal reddito minimo garantito al compimento dell’età di 65 anni ovvero al raggiungimento dell’età pensionabile.
3. La decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 opera nel caso in cui il beneficiario venga assunto con un contratto di lavoro subordinato o parasubordinato, ovvero nel caso in cui lo stesso svolga un’attività lavorativa di natura autonoma, ed in tutti i casi, qualora percepisca un reddito imponibile superiore alla soglia di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c).
4. La decadenza opera altresì nel caso in cui il beneficiario rifiuti una proposta di impiego offerta dal centro per l’impiego territorialmente competente.
5. Non opera la decadenza di cui al comma 4 nella ipotesi di non congruità della proposta di impiego, ove la stessa non tenga conto del salario precedentemente percepito dal soggetto interessato, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle competenze formali e informali in suo possesso certificate dal centro per l’impiego territorialmente competente attraverso l’erogazione di un bilancio di competenze.
6. In caso di rifiuto, di sospensione o di decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 i centri per l’impiego rendono un provvedimento motivato da notificare all’interessato. Tutte le controversie relative alla presente legge sono esenti da spese.
Art. 8
(Oneri derivanti dal reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito è erogato dall’INPS a seguito di comunicazione del centro per l’impiego competente.
2. A tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS le somme necessarie, con conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica rendicontazione.
3. Per il finanziamento del reddito minimo garantito di cui all’articolo 3 è istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui confluiscono dotazioni provenienti dalla fiscalità generale.
Art. 9
(Delega al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riordinare la disciplina delle prestazioni assistenziali erogate dallo Stato di cui all’allegato B, in modo da renderle coerenti con l’istituzione del reddito minimo garantito prevista nella presente legge.

Art. 10
(Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riformare la disciplina degli ammortizzatori sociali, in modo tale da introdurre un sussidio unico di disoccupazione, esteso a tutte le categorie di lavoratori in stato di disoccupazione, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di provenienza e dall’anzianità contributiva e assicurativa.
 Art. 11
(Delega al Governo in materia di istituzione del salario minimo garantito)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a stabilire le modalità di determinazione del compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione lavorativa, inclusi quelli di natura parasubordinata e quelli con contenuto formativo.
2. Il salario base dei lavoratori dipendenti e parasubordinati non può essere determinato in misura tale che il reddito del lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del compenso orario minimo di cui al comma 1.



ALLEGATO A – Coefficienti di maggiorazione dl reddito minimo garantito in ragione del numero di familiari a carico.
Numero di componenti
Coefficiente
Beneficio erogato
1
1
600
2
1,66
1000
3
2,22
1330
4
2,72
1630
5
3,16
1900

ALLEGATO B – Prestazioni assistenziali erogate dallo Stato oggetto di riordino.
Denominazione della misura
Riferimento legislativo
Assegno sociale
Legge 335/95
Pensione sociale
Art. 26, legge 153/69
Assegno ai nuclei familiari numerosi
Art. 65 legge 488/1998
Assegno di maternità di base
Art. 74 del D.Lgs. 151/2001
Pensione di inabilità
Legge 118/1971
Indennità di frequenza
Legge 118/1971
Assegno di invalidità
Legge 118/1971
Pensione per i ciechi
Legge 66/1962
Pensione ai sordi
Legge 381/1971
Social card minori
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni nella legge 133/2008
Social card anziani
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni nella legge 133/2008


Programma del Nuovo Partito d’Azione (estratto)
STEP 4: REDDITO MINIMO GARANTITO
Considerando l'avanzo totale di bilancio, che si attesterebbe per molti anni tra un minimo di 80 miliardi di euro ed un massimo di 95 miliardi, e considerando la Patrimoniale e gli introiti di una dura legge per la confisca dei patrimoni mafiosi (sui 45 miliardi per 20 anni), l'Italia potrebbe contare per un lungo periodo di tempo su una bocca di fuoco aggiuntiva di ben 135 miliardi di Euro, ottenuti senza effetti recessivi e senza svendite del patrimonio pubblico. Come dicevamo in apertura di questa PROPOSTA, avremmo finanche effetti di sostegno della domanda interna, dovuti in buona parte all'introduzione del RMG, una istituzione del Welfare più moderno, presente già da tempo in quasi tutti gli Stati europei, fatta eccezione per Grecia ed Italia, guarda caso, gli Stati più in crisi col debito pubblico. L'introduzione del RMG non peserebbe affatto sui conti, né modificherebbe le poste di bilancio appena dette, in quanto il tutto si risolverebbe sostanzialmente in una partita di giro. Nel caso del RMG, non si tratterebbe affatto di spendere di più, ma solo di spendere meglio alcuni capitoli del bilancio statale. Secondo il Nuovo Partito d'Azione, che è stato il primo partito in Italia a battersi per l'introduzione del Reddito Minimo Garantito (si tratta infatti di un punto presente fin dal 2005), il RMG italiano dovrebbe presentare i seguenti parametri:
-Viene erogato un RMG a 4 milioni di italiani, i più bisognosi;
-L'erogazione è di € 416 mensili (esentasse) per un totale di € 5.000 annui;
-Il sussidio viene erogato a cittadini italiani residenti in Italia e a cittadini stranieri residenti in Italia continuativamente da almeno 15 anni che, superata l'età di 30 anni ed essendo iscritti da almeno 2 anni nelle liste dell'Agenzia per l'Impiego, non abbiano alcun reddito oppure abbiano entrate insufficienti a mantenere uno standard di vita decoroso e dignitoso per sé e per la propria famiglia. In ogni caso, gli over-50 che rientrino nella lista di possibili beneficiari hanno una priorità su tutti gli altri, compatibilmente con la situazione economica evidenziata dai calcoli ISEE;
-Il sussidio viene erogato solo a condizione che il beneficiario si dichiari disponibile a svolgere un lavoro per almeno 10 funzioni o profili professionali. Tali profili vengono selezionati in base ad una lista elaborata dall'Agenzia per l'Impiego, che è l'unico Ente che può avviare questi cittadini al lavoro.
Ai percettori del RMG viene data inoltre la possibilità di integrare il sussidio con altri redditi ed esattamente con redditi di microimpresa supermarginale. Aprendo una Partita Iva con tetto di fatturazione di 8.000 Euro annui, i beneficiari del RMG potranno cumulare i due redditi senza dover rinunciare al primo, ossia al RMG. Tali microimprese -dette supermarginali- sono esentate dai contributi INPS e sono sottoposte ad un regime tributario con aliquota unica del 5%.



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