OSSERVAZIONI ALLE PROPOSTE DI LEGGE FORMULATE
DA S.E.L. e NUOVO PARTITO D’AZIONE CIRCA L’ISTITUZIONE DEL REDDITO MINIMO
GARANTITO
A cura di Carlo Rovello per Giustizia &
Libertà Circolo “Cristoforo Astengo” Savona
A fronte di varie proposte circa nuove forme
di sostegno del reddito che sono state, da più parti e con diverse soluzioni,
formulate in Europa e anche in Italia, tentiamo modestamente e in estrema
sintesi di fare il punto. Prendiamo le mosse dalle intenzioni di Sinistra
Ecologia e Libertà e del Nuovo Partito d’Azione. (In allegato a questo
documento).
Data come assodata la crisi, o quantomeno la
grave difficoltà attraversata dai sistemi di welfare classico (su questo punto
riteniamo esserci convergenza sia tra gli esperti che tra le forze politiche),
in Europa sono stati ideati vari strumenti per uscirne fuori. Tali metodi
assumono varie denominazioni,non trascurabili anche dal punto di vista
dell’appeal che esse possono esercitare sui parlamenti e sulle confusioni che
spesso ingenerano: reddito minimo garantito, reddito d’inserimento, allocazione
universale, basic income, reddito di cittadinanza,ecc. Per dare una coordinata
concettuale generale, aldilà del nome, bisogna sapere che il vero discrimine
tra queste forme di sostegno al reddito è uno soltanto: la presenza o assenza
della verifica dei mezzi, cioè delle dotazioni del beneficiario.
Da un punto di vista ideologico, noi del
Circolo Astengo simpatizziamo per il reddito minimo universale, cioè una
allocazione scollegata dalla verifica dei mezzi, legata alla cittadinanza,
erogata su base nazionale, finanziata dall’erario e cumulabile con altri
redditi.
Sicuramente
comprendiamo, e noi stessi nutriamo, le obiezioni e i dubbi, anche morali che
tal proposta può sollevare, ma riteniamo anche doveroso indagare strade che
conducano a cambiamenti sostanziali della società.
Veniamo
alle proposte di legge. Sel propone una misura strettamente
assistenziale, erogata dall’Inps, la cui
fase amministrativa è gestita a livello provinciale dai centri per l’impiego. In
primo luogo essa sarà pagata con i contributi dei lavoratori, da un ente come
l’Inps già in crisi e la verifica dei mezzi, nonché la ricerca attiva di un
lavoro e le valutazioni di congruità, saranno affidate ai centri per l’impiego,
che notoriamente funzionano poco e male.
Non
si dimentichi che la verifica dei mezzi, sebbene legata a valori morali di
equità e giustizia sociale, in Italia è costosa,frammentaria e spesso vana,
inoltre è invasiva e rischia di stigmatizzare e cronicizzare situazioni di
difficoltà.
Le
soglie di reddito, 8000 quella personale, ancora da definire quella del nucleo,
rischiano di escludere, in certi casi, i lavoratori precari che non superino la
retribuzione di 600 euro mensili. Inoltre il beneficio si perde non appena si
superi la soglia degli 8000 euro annui (circa 700 euro al mese per chi non ha
altri redditi). Da notare come la misura sia strettamente legata al bisogno e
alle economie di scala e non abbia un programma di scelta futuribile, specie per
i più giovani. Si consideri poi che mancare una sola chiamata del centro per
l’impiego fa perdere il sussidio, anche alla luce dell’art. 7 comma 5, che
lascia ai funzionari del centro per l’impiego un difficile giudizio di
congruità con le mansioni precedenti o le competenze possedute e getta il
precario nel dilemma di perdere il beneficio o accettare lavori poco consoni.
Per
finanziare questo strumento, Sel indica risorse provenienti dalla fiscalità
generale, senza rendere alcuna indicazione. Si tratta di un rimando incoerente,
poiché l’inps prende i soldi essenzialmente dai datori di lavoro e non dal
fisco. Semmai questo è in linea con l’idea perequativa di GL che batte la
strada della patrimoniale ordinaria con aliquota moderata e l’abolizione di una
serie di privilegi quali le regioni a Statuto Speciale,che prevede la revisione
delle leggi di agevolazione fiscale, delle deduzioni e delle detrazioni,ecc.
Infine,
non ci pare abbia senso, il peregrino art. 11 che delegherebbe all’esecutivo di
fissare il salario minimo. In primo luogo perché il salario minimo non ha a che
vedere con le riforme assistenziali, ma riguarda semmai le politiche del lavoro
e l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione. In secondo luogo perché, un
sussidio come quello che propone Sel, che si pone nell’ottica della
flessibilità in entrata e uscita, mal si coordina con un salario minimo che le
imprese vedrebbero, oggi, come un impedimento alle assunzioni anche in forma
precaria. Poi sul punto il discorso è complesso, rimanda anche alla
contrattazione collettiva e non può essere ulteriormente sviluppato.
Se
osserviamo la formulazione, qui solo programmatica del Nuovo Partito d’Azione,
verifichiamo poche differenze sostanziali. Si parla di 4 milioni di italiani:
“I più bisognosi”, si incrocia impropriamente il dato del bisogno con quello di
cittadinanza, come specchietto per le allodole dei sostenitori di una
allocazione universale, ci si aggroviglia in una difficile estensione del
reddito agli stranieri, che appare più esclusiva che inclusiva, specie da parte
di un partito che dovrebbe sostenere lo ius soli; anche l’importo, 416 €,
sembra più coerente con un reddito di natura universale. Infine la c.d.
“microimpresa supermarginale” sembra più che altro un modo di far emergere
lavori saltuari.
Prima
di decidere se la riforma del welfare debba passare attraverso modelli di
flexicurity (sicurezza sociale e flessibilità in stile scandinavo basate su una
verifica totale o parziale dei mezzi) o allocazioni universali, dobbiamo semmai
riflettere ancora sul fatto che il nostro paese possa o meno inseguire
l’obiettivo dell’incremento occupazionale, o ancora e meglio, se tali strumenti
possano generare occupazione.
In
altre parole e ritornando alle premesse, bisogna capire se insistere ancora su
un modello tradizionale di cittadinanza strettamente correlata al lavoro,
oppure ammettere la crisi della società del lavoro e virare verso forme di
integrazione reddituale di natura mista o addirittura completamente scollegate
dalla verifica dei mezzi e dalla posizione lavorativa.
In
termini realistici, tenuto conto del quadro generale italiano, se non è ancora
chiaro quale strumento adottare (questo dovrebbe essere oggetto di dibattito
profondo a Sinistra) sappiamo cosa si deve evitare:
se
proponiamo metodi di allocazione universale dobbiamo evitare che sconfinino
nello “stato minimo” alla Milton Friedman, cioè il reddito universale non deve
mai essere sostitutivo degli ammortizzatori sociali e non deve essere il
grimaldello per abbattere l’intervento statale nel mercato;
se
proponiamo strumenti di flexicurity dobbiamo guardare prima alla sicurezza
sociale e poi alle garanzie in uscita dal mondo del lavoro; vale a dire che
prima dobbiamo generare la possibilità di scelta in ingresso e poi rendere non
traumatica l’uscita dal lavoro e i periodi di transizione tra un rapporto ed il
successivo;
qualsivoglia
provvedimento sia adottato, esso non deve garantire solo chi è già garantito,
come avviene oggi nel sistema italiano, ma deve garantire quelle migliaia di
persone precarie (co.co.pro., associati in partecipazione, somministrati,tirocinanti,
praticanti,ecc.) che non hanno accesso a forme di tutela o integrazione del
reddito, inoltre, e soprattutto, gli inoccupati che non hanno mai avuto accesso
al mondo del lavoro. Questo anche alla luce del fatto che la
parasubordinazione maschera
frequentemente il lavoro dipendente e che i salari in ingresso nel mondo del lavoro
hanno scarso potere d’acquisto e gli avanzamenti di carriera sono limitatissimi;
la
riforma del welfare dev’essere unificante, non deve essere frammentaria e
categoriale come è in effetti in Italia;
infine
un nuovo welfare deve tenere conto di tutto quel merito che non è retribuito,
in primis il lavoro domestico e di cura e tutte le attività socialmente
meritevoli di tutela per il contributo collettivo non squisitamente economico
che forniscono.
Solo
una flessibilità intelligente può scongiurare il precariato e consentire quella
mobilità sociale che può portare anche sviluppo.
Circolo
Giustizia & Libertà
“Cristoforo
Astengo”
Savona
Charles Fourier precursore del reddito universale
Proposta
di legge di Sinistra Ecologia e Libertà
Proposta di legge di iniziativa popolare per
l’istituzione del Reddito Minimo Garantito
Art. 1.
(Istituzione del reddito minimo garantito)
(Istituzione del reddito minimo garantito)
1. Al fine di dare attuazione al diritto fondamentale
sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
e ai principi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 38 della Costituzione è istituito
il reddito minimo garantito.
2. Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare
la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza,
attraverso l’inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i
lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla
disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento
delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei
soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel
mercato del lavoro.
3. Le prestazioni del reddito minimo garantito
costituiscono livelli essenziali concernenti i diritti sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma 2,
lettera m) della Costituzione.
4. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della
presente legge è emanato un regolamento d’attuazione ai sensi dell’art. 17,
comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Art. 2.
(Definizioni)
(Definizioni)
1. Ai fini di cui alla presente legge si intende per:
a) «reddito minimo garantito»: quell’insieme di forme
reddituali dirette ed indirette che mirano ad assicurare un’esistenza libera e
dignitosa; le forme reddituali dirette consistono nell’erogazione di somme di
denaro, quelle indirette nell’erogazione di beni e servizi in forma gratuita o
agevolata da parte di Stato, Enti territoriali, enti pubblici e privati
convenzionati;
b) «centri per l’impiego»: le strutture previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
c) «nucleo familiare»: l’insieme delle persone che dividono una medesima abitazione che, indipendentemente dalla composizione anagrafica, formano una relazione di coniugio o del tipo genitore-figlio;
d) «lavoratori autonomi»: i lavoratori che prestano attività lavorativa senza vincoli di subordinazione e che sono titolari di partita IVA;
e) «lavoratori a tempo parziale»: i lavoratori che prestano attività di lavoro subordinato con un orario di lavoro inferiore a quello normale individuato all’articolo 13, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi.
b) «centri per l’impiego»: le strutture previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
c) «nucleo familiare»: l’insieme delle persone che dividono una medesima abitazione che, indipendentemente dalla composizione anagrafica, formano una relazione di coniugio o del tipo genitore-figlio;
d) «lavoratori autonomi»: i lavoratori che prestano attività lavorativa senza vincoli di subordinazione e che sono titolari di partita IVA;
e) «lavoratori a tempo parziale»: i lavoratori che prestano attività di lavoro subordinato con un orario di lavoro inferiore a quello normale individuato all’articolo 13, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi.
Art. 3.
(Reddito minimo garantito)
(Reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito, quanto alla forma
reddituale diretta, consiste nella erogazione di un beneficio individuale in
denaro pari a 7200 euro l’anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro
ciascuno, rivalutate annualmente sulla base degli indici sul costo della vita
elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
2. La persona ammessa a beneficiare del reddito minimo
garantito riceve altresì un contributo parziale o integrale per fronteggiare le
spese impreviste, secondo i criteri e le modalità stabilite dal regolamento
d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
3. Le somme di cui al comma 1 sono ricalcolate secondo i
coefficienti di cui all’allegato A, in ragione del numero dei componenti del
nucleo familiare a carico del beneficiario.
4. L’erogazione in denaro del reddito minimo garantito,
per ogni nucleo familiare, è pari alla somma di cui al comma 1, maggiorata
secondo i coefficienti di cui all’allegato A. Il regolamento d’attuazione di
cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di erogazione in presenza di
minorenni o di più aventi diritto all’interno del nucleo familiare, assicurando
il principio di pari trattamento tra i coniugi e tra tutti gli aventi diritto.
5. Le prestazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili
dai soggetti beneficiari con altri trattamenti di sostegno al reddito di natura
previdenziale, ivi compresi i trattamenti di cassa integrazione, nonché con gli
altri trattamenti assistenziali erogati dallo Stato indicati dell’elenco di cui
all’allegato B.
6. Le prestazioni previste dal comma 1 sono personali e
non sono cedibili né trasmissibili a terzi.
7. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge,
tenuto conto dei criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sono
attribuite ai centri per l’impiego. La domanda di reddito minimo garantito va
presentata al centro per l’impiego del luogo di residenza del richiedente. Il
centro per l’impiego acquisisce la documentazione necessaria e provvede nel
termine di dieci giorni. In caso di mancata risposta la domanda si intende
accolta, fatta salva la facoltà di revoca del beneficio in caso di adozione
tardiva del provvedimento di reiezione della domanda. Il regolamento
d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di
presentazione, anche telematica, delle domande e stabilisce gli ulteriori
compiti dei centri per l’impiego.
Art. 4.
(Soggetti beneficiari e requisiti)
(Soggetti beneficiari e requisiti)
1. Sono beneficiari del reddito minimo garantito coloro che,
al momento della presentazione dell’istanza per l’accesso alle prestazioni di
cui all’articolo 3, siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) residenza sul territorio nazionale da almeno
ventiquattro mesi;
b) iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, salvo che si tratti di lavoratori autonomi, di lavoratori a tempo parziale, oppure di lavoratori che hanno subito la sospensione della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) reddito personale imponibile non superiore ad 8 mila euro nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza ;
d) reddito del nucleo familiare in cui il soggetto richiedente è inserito non superiore all’ammontare stabilito dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento opera un ragionevole bilanciamento tra il carattere individuale dell’attribuzione e criteri di equità e solidarietà sociale;
e) non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico;
f) non essere in possesso a livello individuale di un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore a quanto stabilito dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento assicura che nella determinazione della soglia patrimoniale oltre la quale si perde il diritto al reddito minimo garantito non si tenga conto della titolarità della casa di prima abitazione, né degli altri beni mobili e immobili necessari alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, come indicati dall’art. 5, comma 2.
b) iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, salvo che si tratti di lavoratori autonomi, di lavoratori a tempo parziale, oppure di lavoratori che hanno subito la sospensione della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) reddito personale imponibile non superiore ad 8 mila euro nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza ;
d) reddito del nucleo familiare in cui il soggetto richiedente è inserito non superiore all’ammontare stabilito dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento opera un ragionevole bilanciamento tra il carattere individuale dell’attribuzione e criteri di equità e solidarietà sociale;
e) non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico;
f) non essere in possesso a livello individuale di un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore a quanto stabilito dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento assicura che nella determinazione della soglia patrimoniale oltre la quale si perde il diritto al reddito minimo garantito non si tenga conto della titolarità della casa di prima abitazione, né degli altri beni mobili e immobili necessari alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, come indicati dall’art. 5, comma 2.
Art. 5.
(Compiti delle regioni e degli enti locali)
(Compiti delle regioni e degli enti locali)
1. In sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni,
sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le linee guida per il riconoscimento e l’erogazione di
prestazioni di reddito minimo garantito nelle forme dirette e indirette,
ulteriori e aggiuntive rispetto a quanto previsto dall’art. 3.
2. Le linee di guida di cui al comma 1 stabiliscono le
modalità con cui:
a) garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli enti e con i soggetti privati interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale e regionale su gomma, rotaia e metropolitane;
b) favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo;
c) contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi;
d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici;
e) erogare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sul reddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari di cui all’articolo 4, titolari di contratto di locazione;
f) garantire la gratuità delle prestazioni sanitarie;
g) erogare somme in denaro aggiuntive rispetto a quelle di cui all’articolo 3, tenuto conto delle particolari esigenze di protezione e sostegno nei differenti contesti territoriali.
a) garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli enti e con i soggetti privati interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale e regionale su gomma, rotaia e metropolitane;
b) favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo;
c) contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi;
d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici;
e) erogare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sul reddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari di cui all’articolo 4, titolari di contratto di locazione;
f) garantire la gratuità delle prestazioni sanitarie;
g) erogare somme in denaro aggiuntive rispetto a quelle di cui all’articolo 3, tenuto conto delle particolari esigenze di protezione e sostegno nei differenti contesti territoriali.
3. Le regioni che intendono partecipare al raggiungimento
degli obiettivi definiti nelle linee guida di cui al comma 1, di concerto con i
comuni e gli enti locali, stabiliscono un piano d’azione annuale e un piano
d’azione triennale, nel quale definiscono la platea dei beneficiari e il
contenuto dei diritti da garantire che eccedono i livelli essenziali di cui
all’articolo 3.
Art. 6
(Durata del beneficio e obblighi del beneficiario)
(Durata del beneficio e obblighi del beneficiario)
1. Il provvedimento di concessione del reddito minimo
garantito ha una durata di dodici mesi. Alla scadenza del periodo indicato il
beneficiario che intenda continuare a percepire il reddito minimo garantito è
tenuto a ripresentare la domanda al centro per l’impiego competente con le
modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il beneficiario è tenuto a comunicare tempestivamente
al centro per l’impiego, con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione
di cui all’articolo 1, comma 4, ogni variazione della propria situazione
reddituale, lavorativa, familiare o patrimoniale rilevante ai fini
dell’erogazione del reddito minimo garantito.
Art. 7
(Sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni)
(Sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni)
1. Nel caso in cui uno dei beneficiari di cui
all’articolo 4, comma 1, all’atto della presentazione dell’istanza o nelle
successive sue integrazioni, dichiari il falso in ordine anche ad uno solo dei
requisiti previsti, l’erogazione delle prestazioni di cui all’articolo 3 è
sospesa e il beneficiario medesimo è tenuto alla restituzione di quanto
indebitamente percepito ed è escluso dalla possibilità di richiedere
l’erogazione di tali prestazioni, pur ricorrendone i presupposti, per un
periodo doppio di quello nel quale ne abbia indebitamente beneficiato.
2. Il beneficiario decade dal reddito minimo garantito al
compimento dell’età di 65 anni ovvero al raggiungimento dell’età pensionabile.
3. La decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3
opera nel caso in cui il beneficiario venga assunto con un contratto di lavoro
subordinato o parasubordinato, ovvero nel caso in cui lo stesso svolga
un’attività lavorativa di natura autonoma, ed in tutti i casi, qualora percepisca
un reddito imponibile superiore alla soglia di cui all’articolo 4, comma 1,
lettera c).
4. La decadenza opera altresì nel caso in cui il
beneficiario rifiuti una proposta di impiego offerta dal centro per l’impiego
territorialmente competente.
5. Non opera la decadenza di cui al comma 4 nella ipotesi
di non congruità della proposta di impiego, ove la stessa non tenga conto del
salario precedentemente percepito dal soggetto interessato, della
professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle
competenze formali e informali in suo possesso certificate dal centro per
l’impiego territorialmente competente attraverso l’erogazione di un bilancio di
competenze.
6. In caso di rifiuto, di sospensione o di decadenza
dalle prestazioni di cui all’articolo 3 i centri per l’impiego rendono un
provvedimento motivato da notificare all’interessato. Tutte le controversie
relative alla presente legge sono esenti da spese.
Art. 8
(Oneri derivanti dal reddito minimo garantito)
(Oneri derivanti dal reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito è erogato dall’INPS a
seguito di comunicazione del centro per l’impiego competente.
2. A tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato
all’INPS le somme necessarie, con conguaglio, alla fine di ogni esercizio,
sulla base di specifica rendicontazione.
3. Per il finanziamento del reddito minimo garantito di
cui all’articolo 3 è istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, in cui confluiscono dotazioni provenienti dalla fiscalità generale.
Art. 9
(Delega al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale)
(Delega al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta
giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riordinare la disciplina
delle prestazioni assistenziali erogate dallo Stato di cui all’allegato B, in
modo da renderle coerenti con l’istituzione del reddito minimo garantito
prevista nella presente legge.
Art. 10
(Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali)
(Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta
giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riformare la disciplina
degli ammortizzatori sociali, in modo tale da introdurre un sussidio unico di
disoccupazione, esteso a tutte le categorie di lavoratori in stato di
disoccupazione, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di provenienza e
dall’anzianità contributiva e assicurativa.
Art. 11
(Delega al Governo in materia di istituzione del salario minimo garantito)
(Delega al Governo in materia di istituzione del salario minimo garantito)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta
giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a stabilire le modalità di
determinazione del compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi
ad oggetto una prestazione lavorativa, inclusi quelli di natura parasubordinata
e quelli con contenuto formativo.
2. Il salario base dei lavoratori dipendenti e
parasubordinati non può essere determinato in misura tale che il reddito del
lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del
compenso orario minimo di cui al comma 1.
ALLEGATO A – Coefficienti di maggiorazione dl
reddito minimo garantito in ragione del numero di familiari a carico.
Numero di componenti
|
Coefficiente
|
Beneficio erogato
|
1
|
1
|
600
|
2
|
1,66
|
1000
|
3
|
2,22
|
1330
|
4
|
2,72
|
1630
|
5
|
3,16
|
1900
|
ALLEGATO B – Prestazioni assistenziali
erogate dallo Stato oggetto di riordino.
Denominazione della misura
|
Riferimento legislativo
|
Assegno sociale
|
Legge 335/95
|
Pensione sociale
|
Art. 26, legge 153/69
|
Assegno ai nuclei familiari numerosi
|
Art. 65 legge 488/1998
|
Assegno di maternità di base
|
Art. 74 del D.Lgs. 151/2001
|
Pensione di inabilità
|
Legge 118/1971
|
Indennità di frequenza
|
Legge 118/1971
|
Assegno di invalidità
|
Legge 118/1971
|
Pensione per i ciechi
|
Legge 66/1962
|
Pensione ai sordi
|
Legge 381/1971
|
Social card minori
|
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con
modificazioni nella legge 133/2008
|
Social card anziani
|
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con
modificazioni nella legge 133/2008
|
Programma
del Nuovo Partito d’Azione (estratto)
STEP 4: REDDITO MINIMO
GARANTITO
Considerando l'avanzo totale
di bilancio, che si attesterebbe per molti anni tra un minimo di 80 miliardi di
euro ed un massimo di 95 miliardi, e considerando la Patrimoniale e gli
introiti di una dura legge per la confisca dei patrimoni mafiosi (sui 45 miliardi
per 20 anni), l'Italia potrebbe contare per un lungo periodo di tempo su una
bocca di fuoco aggiuntiva di ben 135 miliardi di Euro, ottenuti senza effetti
recessivi e senza svendite del patrimonio pubblico. Come dicevamo in apertura
di questa PROPOSTA, avremmo finanche effetti di sostegno della domanda interna,
dovuti in buona parte all'introduzione del RMG, una istituzione del Welfare più
moderno, presente già da tempo in quasi tutti gli Stati europei, fatta
eccezione per Grecia ed Italia, guarda caso, gli Stati più in crisi col debito
pubblico. L'introduzione del RMG non peserebbe affatto sui conti, né
modificherebbe le poste di bilancio appena dette, in quanto il tutto si
risolverebbe sostanzialmente in una partita di giro. Nel caso del RMG, non si
tratterebbe affatto di spendere di più, ma solo di spendere meglio alcuni
capitoli del bilancio statale. Secondo il Nuovo Partito d'Azione, che è stato
il primo partito in Italia a battersi per l'introduzione del Reddito Minimo
Garantito (si tratta infatti di un punto presente fin dal 2005), il RMG
italiano dovrebbe presentare i seguenti parametri:
-Viene erogato un RMG a 4
milioni di italiani, i più bisognosi;
-L'erogazione è di € 416
mensili (esentasse) per un totale di € 5.000 annui;
-Il sussidio viene erogato a
cittadini italiani residenti in Italia e a cittadini stranieri residenti in
Italia continuativamente da almeno 15 anni che, superata l'età di 30 anni ed
essendo iscritti da almeno 2 anni nelle liste dell'Agenzia per l'Impiego, non
abbiano alcun reddito oppure abbiano entrate insufficienti a mantenere uno
standard di vita decoroso e dignitoso per sé e per la propria famiglia. In ogni
caso, gli over-50 che rientrino nella lista di possibili beneficiari hanno una
priorità su tutti gli altri, compatibilmente con la situazione economica
evidenziata dai calcoli ISEE;
-Il sussidio viene erogato
solo a condizione che il beneficiario si dichiari disponibile a svolgere un
lavoro per almeno 10 funzioni o profili professionali. Tali profili vengono
selezionati in base ad una lista elaborata dall'Agenzia per l'Impiego, che è
l'unico Ente che può avviare questi cittadini al lavoro.
Ai percettori del RMG viene
data inoltre la possibilità di integrare il sussidio con altri redditi ed
esattamente con redditi di microimpresa supermarginale. Aprendo
una Partita Iva con tetto di fatturazione di 8.000 Euro annui, i beneficiari
del RMG potranno cumulare i due redditi senza dover rinunciare al primo, ossia
al RMG. Tali microimprese -dette supermarginali- sono esentate dai
contributi INPS e sono sottoposte ad un regime tributario con aliquota unica
del 5%.
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